Telecom ha superato le stime di consensus degli analisti, portando a casa un trimestre che, per quanto concerne almeno il mercato domestico – su cui il gruppo telefonico è principalmente concentrato – è stato il migliore dal 2007 a questa parte, forte di un incremento del fatturato dell’1 per cento e dell’Ebitda del 7,9 per cento.
Complessivamente, i ricavi consolidati sono tornati a crescere a quota 4,8 miliardi di euro, in rialzo del’1,4 per cento, mentre l’Ebitda è aumentato dell’8,5 per cento a 2,2 miliardi di euro. Bene anche l’utile netto, con l’ultima riga del conto economico che è salito del 42,8 per cento a 477 milioni di euro. Sul fronte patrimoniale, l’indebitamento finanziario netto si è ridotto di 779 milioni di euro dal 30 giugno ad oggi, diminuendo così di 26,7 miliardi di euro.
Dunque, numeri buoni, o ottimi, a seconda delle valutazioni. Eppure, in Borsa, il titolo non sembra aver giovato della diffusione dei risultati, con l’azione che ha iniziato a cedere terreno per finire la seduta in calo del 2,66 per cento a 0,75 euro. Ma come mai?
La risposta è presto data: sulla base delle attese di un buon trimestre da parte dell’operatore telefonico, peraltro supportate dalle convincenti dichiarazioni del top management della compagnia, nel corso delle ultime settimane si sono registrati posizionamenti importanti di grossi investitori sul titolo. Tali ondate di acquisti hanno contrastato l’effetto tecnico del flusso di vendite che è stato innescato dalla prossima scadenza del convertendo, con le venti sedute – dal 13 ottobre scorso al prossimo 10 novembre – interessate dalla rilevazione delle quotazioni per determinare il prezzo di conversione del bond, che sarà comunque compreso nell’intervallo prefissato di 0,6801 e 0,8331.